La comunicazione aziendale ha la funzione di creare relazioni di fiducia fra l’impresa e le persone con cui si relaziona. Senza comunicazione non vi è, infatti, dialogo. Senza dialogo non vi è fiducia.

Senza fiducia, a sua volta, non c’è mercato: non ci sono clienti, non ci sono potenziali utilizzatori di prodotti e servizi e non c’è una reputazione.

Non solo, senza fiducia non vi è neppure una squadra di collaboratori e di partner su cui contare. Con cui lavorare per raggiungere i risultati.

Come costruire allora la fiducia verso un’impresa, sia essa profit oppure non profit? Come far sì che un’organizzazione sia riconosciuta da collaboratori, soci in affari e progetti e dai fruitori dei servizi e dei prodotti offerti?

La fiducia passa attraverso i rapporti umani. Nelle relazioni umane ciascuno mette in campo le proprie speranze, i sogni e le paure che tutti ci accompagnano da sempre.

Se non vi sono rapporti fra persone – anche là dove tutto sembra passare da marchi di società o nomi di istituzioni – non vi sono relazioni. Ecco, allora, che l’elemento umano diventa centrale.

Avevo un nonno, Carlo, commerciante, che d’estate vendeva angurie in un banco situato in una zona strategica della statale fra Verona e Trento. Allora non c’era ancora l’Autostrada del Brennero.

Nonno Carlo non metteva le sue angurie al centro, esaltandone la prelibatezza e il prezzo conveniente. Ma si preoccupava di capire l’umore e i bisogno del cliente.

I soldi certo gli interessavano. Ma era la passione per la relazione il motore primo del suo agire.

Le storie al centro delle relazioni

Ci raccontiamo storie da sempre. Le raccontiamo a noi stessi, a volte vivendo addirittura in un film che pochi capiscono. Le raccontiamo agli altri, per farci accettare oppure per chiudere un rapporto.

Senza storie non vi è dialogo. Senza dialogo non vi è relazione con gli altri.

Non basta, tuttavia, raccontare storie per stare bene o per farci accettare. Quelle storie hanno bisogno di essere convincenti. E avvincenti.

Solo con storie che stanno in piedi possiamo vivere esperienze umane appaganti, sia con noi stessi che con gli altri.

Ci mettono infatti di cattivo umore le idee che ci facciamo su una certa situazione vista sotto una luce negativa. Ma quelle idee avrebbero assai poca influenza sul nostro umore se non si coagulassero attorno a una storia.

Il modo migliore di raccontare una storia

Leggiamo spesso che il racconto di una storia – lo storytelling in generale – ha successo se possiede una serie di caratteristiche. Se vi sono certi elementi che la rendano interessante.

È vero. Una storia, come un fatto di cronaca, ci avvince se vi è un qualche conflitto; se un eroe (o un’eroina) ha ostacoli impegnativi da superare; se alla fine il nostro protagonista porta a casa qualcosa, sia che perda e sia che vinca.

Il modo di raccontare quella storia, però, fa la differenza fra l’avere presa su chi ci ascolta o il finire nel dimenticatoio e nella trascuratezza.

Non so tu, ma io non sono capace di raccontare barzellette. Conoscevo invece un amico dei miei genitori che riusciva a trasformare la più piatta delle barzellette in un qualcosa di coinvolgente e di esilarante. Il contenuto era uguale, ma se le raccontava lui certe amenità ti piegavi in due dalle risate.

Il Brand Journalism come modo di raccontare storie

Il giornalismo ci avvolge in molti momenti della nostra giornata. Dal notiziario del primo mattino alla radio, fino al telegiornale della sera, passando per le notizie sul giornale sfogliato al bar e sui siti web d’informazione.

Possiamo dire che viviamo di giornalismo. Perché? Perché il giornalismo – quello di qualità, che ci serve come l’acqua che beviamo – ci aiuta a districarci in quel meccanismo complesso che è la comunità in cui viviamo.

Come possiamo portare avanti un’impresa, un progetto, un’idea se non abbiamo le informazioni utili sul contesto, sui protagonisti, su quanto potrà mai accaderci in quell’impresa, in quel progetto, nel realizzare quell’idea?

Il giornalismo, come osservano Bill Kovach e Tom Rosenstiel nel libro The Elements of Journalism, è la nostra moderna cartografia. Il giornalismo crea una mappa che consente a tutti noi cittadini di navigare nella società. 

Questa è l’utilità del giornalismo e la sua economica ragione d’essere: aiutarci a vivere, ad agire, a muoverci in un modo maledettamente complesso.

Il giornalismo vive di storie. Da sempre. E ce le racconta nel mentre ci espone i fatti che ci interessano e ci toccano da vicino: un certo provvedimento del governo, l’aumento dei prezzi del gas, gli effetti della pandemia su persone e commercio.

Il giornalismo è un modo di raccontare le storie: a partire dalla ricerca dei fatti, fino alla loro selezione e alla loro diffusione come “notizia”.

La reputazione, il giornalismo di qualità, se la crea non solo per come racconta le storie. Si fa autorevole anche per il fatto che si basa sulla verità sostanziale dei fatti.

Tant’è che le fake news, oltre a essere un problema per tutti noi come persone e come imprese, sono il contrario del giornalismo.

Comunicazione aziendale: il ruolo del Giornalismo d’Impresa

Il giornalismo d’impresa – il Brand Journalism, all’inglese – fa parte della comunicazione strategica. È un suo strumento fondamentale.

Perché è utile all’impresa il giornalismo? Una prima risposta la possiamo dare in questo modo: se fare giornalismo vuol dire raccontare storie con autorevolezza e nell’interesse del lettore, il Brand Journalism racconta storie sull’impresa con autorevolezza e nell’interesse delle persone che hanno rapporti con l’impresa. O che possono averli.

Il Giornalismo d’Impresa, in questo modo, crea un ponte fra l’impresa e il suo pubblico. Un pubblico fatto di clienti, di potenziali, clienti, di collaboratori, di alleati sul mercato, di fornitori.

Il giornalismo, in questo modo, consente all’impresa di creare e mantenere relazioni. Le relazioni, se ben condotte, producono fiducia. E la fiducia è la condizione per stare sul mercato e per avere successo.

Come agisce il giornalismo nell’esercizio al servizio dell’impresa? Agisce come sempre il giornalismo si muove: ricercando informazioni, verificandole, selezionandole e raccontandole come storie accattivanti a un pubblico che le aspetta.

Ecco perché un’impresa può essere promossa con il Brand Journalism: il “come” fare promozione di una certa attività – sia essa mirata al profitto o a scopi sociali – passa attraverso l’attività giornalistica.

L’attività del giornalismo, da parte sua, gode di una maggiore autorevolezza rispetto alla mera pubblicità. Il giornalismo non è nemico della pubblicità, ne è un partner ben distinto, indipendente e con un proprio modo di agire.

Proprio l’autorevolezza del giornalismo consente al Brand Journalism di produrre reputazione e autorevolezza per l’impresa. Non come un valletto da chiamare alla bisogna (sarebbe un pessimo valletto); ma come una professionalità utile a una comunicazione strategica, mirata al risultato.

Ecco, allora, che il Brand Journalism – il Giornalismo d’Impresa – diventa uno strumento formidabile per la comunicazione di un’azienda.

Maurizio Corte
corte.media

(Foto di copertina da Unsplash. L’articolo contiene link di affiliazione)

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